Ma perchè fare silenzio?

Proseguiamo il nostro itinerario estivo aiutati dalla Regola di S. Benedetto, figura eccezionale, non solo per la sua grandezza spirituale, ma anche per l’eredità che ha lasciato all’Europa e alla civiltà occidentale dentro la quale siamo immersi anche noi. Un patrimonio di spiritualità, di fede, di cultura, di arte, di musica, di valori ed anche di progresso e di concretezza. Vorrei ricordare Benedetto in quanto può aiutarci a ritrovare il cuore e l’anima in un tempo in cui è molto difficile, a volte impossibile, capire e capirsi. Benedetto con la sua Regola, ancora oggi può ispirarci e aiutarci.


Vorrei lasciarvi, questa settimana, qualche versetto che ci permette di capire e apprezzare uno dei cardini della spiritualità monastica: il silenzio. Questa regola è da intendere bene. Così come l’ha pensato S. Benedetto, il silenzio non è una rinuncia penitenziale, ma un mezzo, anzi, il mezzo, per eccellenza, per poter cogliere e sentire la presenza di Dio nella propria vita.

Se la vocazione del monaco (e di ogni uomo) è quella di vivere da figlio, sentendo e onorando l’amore del Padre, allora il silenzio risulta indispensabile perché è la forza che permette all’anima di percepire Dio e tutti i beni legati a Dio stesso. Il problema non sono le parole cattive o i discorsi vani (che, evidentemente, una persona spirituale evita). Lo scopo del silenzio è, anzitutto, frutto di un desiderio bello e serio: ascoltare la voce di Dio.

Questo è il motivo principale del silenzio cercato e costruito. Addirittura, pur di far spazio alla voce di Dio, “bisogna  rinunciare anche ai discorsi buoni e agli argomenti santi ed edificanti”!!!!!

“Incredibile” ed anche “incomprensibile” potremmo dire, eppure, proviamo a pensare a che cosa faremmo per poter riascoltare, anche solo per un attimo, la voce di una persona cara che non c’è più! Quanto lo vorremmo! Forse, anche Dio, può rientrare fra le persone talmente care, per cui vale la pena tacere e cercare quel silenzio che ci permette, oggi di sentirlo. Non è impossibile: abbiamo lo Spirito Santo, la coscienza, la memoria che ci assicurano questa possibilità. La questione è capire se veramente vogliamo e desideriamo “sentire” Dio! Ecco qualche passaggio della Regola a proposito del silenzio:

Capitolo VI - L'amore del silenzio
Facciamo come dice il profeta: "Ho detto: Custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche su cose buone".
Se con queste parole egli dimostra che per amore del silenzio bisogna rinunciare anche ai discorsi buoni, quanto più è necessario troncare quelli sconvenienti in vista della pena riserbata al peccato!
Dunque l'importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti, perché sta scritto: "Nelle molte parole non eviterai il peccato" e altrove: "Morte e vita sono in potere della lingua".
Se infatti parlare e insegnare è compito del maestro, il dovere del discepolo è di tacere e ascoltare.

Mi pare che, queste, siano non solo “belle parole”, ma un orizzonte nuovo che permette di collocarci, in modo diverso davanti a noi stessi, davanti agli altri e davanti alla storia.

Chi ascoltiamo? Che cosa ascoltiamo? Che cosa non riusciamo più a sentire o che pensiamo di non sentire più? Credo che tutti saremmo più profondi ed anche più buoni se ci potessimo dedicare a quest’arte del fare silenzio per ascoltare Dio. Buon ultimo scorcio di agosto, in attesa di rivederci tutti presto.


don Paolo