Nella festa di San Francesco: “il Signore ci dia pace”

Il Signore ti benedica e ti custodisca, 
mostri a te il suo volto 
e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. 
Il Signore benedica te, frate Leone


Bastano queste parole per sentire in cuore un sentimento di “benessere interiore”.

L’anno prossimo, VIII centenario del Transito di S. Francesco (1226-2026), il 4 ottobre sarà festa religiosa e civile. Ma che cosa può dire S. Francesco, umbro e “vecchio” di 800 anni a noi brianzoli del 2025?


Mi pare che, cercando nell’immenso patrimonio di spiritualità francescano, emergano tre parole che lascio a me e a voi per arricchirci e incoraggiarci in questo momento così particolare della storia.


Semplicità. Se ricerchiamo il significato etimologico di semplicità,  troviamo che significa: senza pieghe.  Mi pare un dono non da poco: essere semplici, cioè, limpidi, pacificati, “disarmati” perché ricchi della pace e della forza di Dio. Quante volte ci rendiamo conto di avere una vita complessa (e tante volte non dipende da noi), ma anche del fatto che abbiamo noi resa complicata la vita nostra e degli altri con scelte, che, al di là dell’apparenza, ci rubano tempo, tranquillità, serenità. Basti pensare a come “riempiamo” la nostra vita e quella dei nostri figli fino a renderla, a volte, opprimente. 

La semplicità è la capacità di scegliere ciò che veramente conta, che lascia un segno vero, profondo, carico di futuro. Forse, anche noi, ci possiamo liberare da tante piccole o grandi schiavitù per essere, finalmente, più contenti della vera gioia.


Fraternità. Francesco, da subito, cerca “fratelli” per potere vivere il Vangelo. Potremmo dire: l’altro, per Francesco, non era un problema, ma un’esigenza! Mi pare che sia urgente, anche per noi, ritrovare questa dimensione impegnativa della vita: la fraternità. Questo non significa, ingenuamente, pensare che tutti siano immediatamente simpatici e amici. La fraternità è cosa diversa dell’amicizia: è la ricerca del volto di Cristo nel volto dell’altro, la ricerca dell’immagine di Dio che accomuna tutti gli uomini, anche il più diverso e sconosciuto. Per noi, magari, significa lo sforzo di apprezzare, di valorizzare, di sostenere chi troviamo lungo il cammino della vita. A volte, l’impressione, è che siamo più esperti a trovare l’avversario, o la controparte o, peggio, il bersaglio da colpire! La fraternità non è un lusso, ma un richiamo del cuore!


Amore a Cristo e alla Chiesa.  Francesco, inizia la sua “carriera” con un sogno, a Spoleto, durante il quale  sente queste parole: “Perché ti affanni a cercare il servo invece del Padrone?” e poi sentendo la voce di Cristo stesso che, dal Crocifisso sepolto sotto le macerie della chiesetta di S. Damiano, lo invita ad andare e a “riparare la sua casa” . Qualcuno ha definito Francesco un “alter Christus”, un  “altro Gesù”, la copia umana che più si è avvicinata all’immagine di Cristo.


Francesco, al di là della poesia e delle leggende, ci pone una questione seria: 

Chi vuoi essere?

Chi vogliamo essere?

Che comunità, che paese vogliamo essere?

Che cosa vuoi essere Carugo? Che cosa vuoi essere Arosio?


Mi pare decisiva, anche per noi, una questione: di chi voglio essere?

Francesco ci ricorda che solo il Signore, Creatore di tutto, è capace di ispiraci una risposta autentica e liberante.


Pace e bene a tutti!


don Paolo